Salta al contenuto principale
Ambiente e Territorio

Buco dell'ozono: cos'è, cause, conseguenze e rimedi

Buco dell'ozono: cos'è, cause, conseguenze e rimedi
Buco dell'ozono: cos'è, cause, conseguenze e rimedi
Questo Articolo è

Lo strato di ozono che avvolge la Terra è uno schermo fondamentale per consentire la vita sul Pianeta. La sua formazione avviene principalmente nella stratosfera; tuttavia, nel corso degli anni abbiamo assistito ad una significativa riduzione dello spessore dello strato di ozono nell'atmosfera terrestre, in particolare sopra l'Antartide. Scopriamo a cosa è dovuto il fenomeno del cosiddetto “buco dell’ozono”.

Che cos'è l'Ozono

L'ozono, o triossigeno, è una forma allotropica dell'ossigeno dalla formula chimica O3. È un gas blu dal caratteristico odore agliaceo che gli vale il nome: la parola "ozono" deriva infatti dal francese antico "ozone", la quale deriva a sua volta dal greco antico "ὄζειν" (ózein), cioè emanare odore.

Lo strato di ozono rappresenta un filtro fondamentale per l'intercettazione di radiazioni letali per la vita sulla Terra; la sua formazione ha permesso lo sviluppo della vita sulla Terra e di lasciare la vita sottomarina, dando inizio all'evoluzione delle specie terrestri. Esso si forma principalmente nella stratosfera alle più irradiate latitudini tropicali, mentre la circolazione globale tende poi ad accumularlo maggiormente alle alte latitudini e ai poli.

Quando e dove si è formato il Buco dell'Ozono

Il buco dell'ozono consiste nella riduzione dello spessore dello strato di ozono nell’atmosfera terrestre, la fascia che ci protegge dai raggi ultravioletti. Tra le conseguenze dell’effetto serra, l’assottigliamento dello strato di ozono è causato dal rilascio nell'atmosfera dei gas clorofluorocarburi (CFC). Attualmente il "buco" si trova prevalentemente sopra il Polo Sud del nostro pianeta e si espande del 5% ogni 10 anni. Questo accade perché le zone polari sono meno esposte all'irraggiamento solare, per cui si verificano minori reazioni fotochimiche tra le molecole d'ozono e le radiazioni solari. Inoltre, le basse temperature facilitano la degradazione dell'ozono.

Da cosa è causato il buco dell’ozono

Il Buco dell’Ozono è causato dal rilascio di alcune sostanze inquinanti da parte dell'uomo, sia dalle attività produttive. A partire dalla seconda metà del Novecento, lo strato si è progressivamente assottigliato a causa del rilascio nell'atmosfera di alcune sostanze inquinanti come i gas clorofluorocarburi utilizzati principalmente nelle bombolette spray e negli impianti refrigeranti.

Le conseguenze del buco dell'ozono sull'uomo e l'ambiente

Lo strato di ozono assorbe quasi tutte le dannose radiazioni ultraviolette, in particolare quelle chiamate UV-B al 95% e totalmente le UV-C, ovvero quelle che recano maggiormente danno all'epidermide, ma lascia trapassare quasi totalmente i raggi UVA. Se lo strato si riduce, aumenta la quantità di radiazioni che raggiunge la superficie terrestre. Queste radiazioni in quantità minime non sono dannose, anzi sono utili: per esempio, sono importanti nella nostra formazione della vitamina D. A dosi maggiori, però, questi raggi ultravioletti possono alterare gli equilibri della biosfera del nostro pianeta e la stessa esistenza della vita come oggi la conosciamo.

Scopri di più sulle cause del riscaldamento globale

Il buco dell’ozono può avere effetti deleteri su tutta la vita di microrganismi, animali, piante; in particolare, le radiazioni non filtrate dallo strato di ozono possono incidere sulla vita delle cellule umane, creando dei melanomi sull'epidermide e tumori della pelle, spezzare la catena del codice genetico o modificare le molecole del DNA e RNA degli organismi viventi e recare danni irreversibili sulla retina dell'occhio fino alla cecitàIl buco dell’ozono può avere delle conseguenze anche dal punto di vista ambientale: i raggi solari più nocivi impediscono la fotosintesi clorofilliana, causando una minore crescita delle piante e una minore produzione del fitoplancton oceanico.

 

I rimedi per il buco dell'ozono

I rimedi principali messi in atto dall’uomo per combattere il buco dell’ozono consistono nel ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera e nell’adozione di nuovi gas propellenti al posto dei clorofluorocarburi. Oggi questi gas non vengono quasi più utilizzati nella produzione industriale e sono stati sostituiti con altri, anche grazie a diversi accordi internazionali firmati tra i vari Paesi del mondo.

Uno dei più importanti è il Protocollo di Montreal: firmato nel 1987 e in vigore dal 1989, con questo trattato internazionale i 196 Stati firmatari più l’Unione Europea sono impegnati nel ridurre la produzione e l'uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, in particolare i gas clorofluorocarburi.

Anche nella vita di tutti i giorni è possibile combattere il buco dell’ozono: ad esempio basta non comprare prodotti contenenti clorofluorocarburi, ancora presente in alcuni spray, deodoranti e prodotti per la casa, e fare costante manutenzione del proprio frigo, freezer e condizionatore, i quali usano un agente chimico che può danneggiare l’ozono come il freon, un fluido refrigerante che ha cioè il compito di trasferire il calore da una sorgente calda ad una fredda.

La situazione oggi

Recenti rilevazioni portano a stimare che il buco dell’ozono si possa chiudere definitivamente entro qualche decennio; un gruppo di esperti sostenuto dalle Nazioni Unite, infatti, ha presentato recentemente un rapporto di valutazione scientifica sul consumo dell’ozono, secondo le cui previsioni il buco nell'ozono potrebbe chiudersi tra il 2045 e il 2066.

L’analisi delle Nazioni Unite conferma che l’eliminazione graduale di quasi il 99% delle sostanze che riducono lo strato di ozono è riuscita a contrastare il buco che si era creato nella seconda metà del secolo scorso.

Se le misure adottate a livello internazionale continueranno ad essere attuate, gli esperti stimano che entro il 2040 lo strato di ozono dovrebbe tornare ai valori del 1980 in gran parte del mondo. Il buco dovrebbe chiudersi più tardi sui Poli, in particolare entro il 2045 sopra l’Artico ed entro il 2066 sopra l’Antartide.

Articolo successivo